Digital Storytelling: Artigianato Pasella

ARTIGIANATO PASELLA

di Paola Langiu

Sono le 8.00 del mattino, mi trovo in piedi di fronte al cancello della mia azienda e aspetto il pullman dei turisti che hanno prenotato una visita guidata da noi. È quasi estate e stiamo già iniziando a esporre i nostri prodotti: qui funziona così, d’estate si  vende e d’inverno si produce.

Eccoli che arrivano, sono tantissimi. Scendono dal pullman, io e mio padre andiamo subito ad accogliergli. La prima cosa che facciamo è presentarci, per iniziare a stabilire un rapporto, poi ci avviciniamo all’ingresso e inizio a parlare: «La nostra azienda si chiama Artigianato Pasella. Lavoriamo il sughero in modo artigianale ma da qualche anno a questa parte, abbiamo iniziato a lavorare anche anche altri prodotti, come la ceramica e i tessuti…».

 

 

Quando arrivo a questo punto mi capita sempre di voltarmi al passato. Ripenso alla nostra storia, ai sacrifici, a tutto quello che ha dovuto affrontare la mia famiglia per farci arrivare fino a qui. Metto da parte i miei pensieri e riprendo il discorso: «La prima azienda è stata fondata dal mio bisnonno nel 1894. Dopo di lui, ha preso il comando mio nonno, che ha lavorato per far crescere la produzione del tappo. L’azienda che state visitando oggi, invece, nasce il 28 Maggio 1972, grazie a mio padre. Il nostro primo negozio era composto da una sola stanza molto piccola, ad Abbiadori: mio padre, in piedi, sfiorava il soffitto con la testa. Questo negozio, però, ci ha permesso di entrare a stretto contatto col cliente già da allora: sapevamo bene cosa chiedeva il mercato e quindi su cosa puntare e da questo abbiamo sempre tratto dei vantaggi importanti»

Ci sono due pezzi di sughero davanti a noi, mi avvicino e ne prendo uno e glielo mostro: «Questo è il sughero maschio e si ottiene dalla prima estrazione». Poi ne prendo un altro:«Questo è il sughero femmina. Dopo 10 anni dalla prima estrazione del maschio, le successive saranno tutte di sughero femmina. Poi passiamo alla lavorazione vera e propria che consiste in una stagionatura lunga 18 mesi, poi la bollitura in acqua ossigenata per un’ora e, a questo punto, quando il sughero ha perso la forma arrotondata e ne ha acquisito una piatta, si può lavorare.

 

Una volta si faceva tutto a mano: si tagliavano con un coltello dei parallelepipedi da cui si eliminava la schiena e la pancia, ottenendo un quadretto che poteva o essere venduto cosi, oppure ulteriormente smussato a mano per dargli una forma cilindrica che somigliasse di più al tappo. Oggi è molto più semplice: dagli anni 40 le macchine velocizzano il lavoro e da 2000  tappi al giorno fatti a mano si passa a 5000 al giorno. Con gli scarti, creiamo degli altri prodotti, che sono di valore inferiore ma comunque utili».

 

 

Molto spesso sentiamo parlare del passato come se fosse migliore rispetto a oggi. Sulla base delle mie esperienze, posso dire che non è così. È vero, le difficoltà che affrontiamo quotidianamente sono tante, spesso legate alla burocrazia, al mondo del business, al confronto con altre aziende. Oltre a queste, noi abbiamo risentito il calo del turismo, dovuto ai trasporti troppo cari. Ma in questa situazione, anziché abbatterci, abbiamo pensato a quello che potevamo migliorare per essere ancora più efficienti. E così, applicando i cambiamenti necessari abbiamo resistito e adesso da due anni a questa parte l’azienda è in crescita.

  

 

Adesso è il momento delle domande. Spesso mi chiedono dettagli sul tappo, curiosità sulla lavorazione e sulla decorazione del sughero. Oggi mi hanno chiesto degli obbiettivi futuri dell’azienda:«Le idee per il futuro sono molte. Principalmente continueremo a rappresentare al meglio quello che è l’artigianato del sughero in Sardegna e c’è tantissimo da fare. Da un po’ abbiamo iniziato a sviluppare anche la ceramica e puntiamo ad allargare ancora in altri campi: abbiamo acquistato dei tappeti fatti a mano da un artigiano locale e abbiamo sviluppato delle collaborazioni con architetti per quanto riguarda l’arredamento delle case. Cerchiamo sempre nuove collezioni, nuove tecniche di lavorazione e puntiamo ai prodotti più efficienti del mercato. Queste collaborazioni sono importanti per noi anche a livello personale perché ci mettono davanti a sfide che ci smuovono dalla normalità: è interessante e stimolante mettersi in gioco in ambienti nuovi.»

 

 

Dopo una serie di domande, i visitatori di oggi sono soddisfatti. Li guardo andare via, con gli oggetti in sughero da portare nella propria casa, in ricordo di una terra, la nostra, che ci offre immense possibilità. Mentre chiudo la porta del laboratorio e saluto mio padre, penso che il mio lavoro è arte,  cultura,  passione. La Sardegna si può valorizzare, a partire dalle aziende come noi, che nonostante gli ostacoli siamo riusciti ad affrontare ogni cambiamento, mantenendo però sempre lo sguardo verso il passato, verso il nostro antico mestiere, per mandare avanti quella che è la nostra tradizione, quella che ci differenzia e valorizza.

Storyteller: Paola Langiu

Photographer: Emanuela Loriga

Videomaker: Chiara Vanetto