Digital Storytelling: Calzoleria Budroni

CALZOLERIA BUDRONI

di Francesca Delogu

La mia passione per la sartoria nasce quando ero solo una bambina: mia nonna mi ha insegnato a cucire, ad assemblare i pezzi di stoffa, a creare il mio primo vestitino: la  gonnellina che sfoggiavo come se stessi indossando l’abbigliamento più regale al mondo. Ricordo ancora vivamente tutto il percorso che ha mi portata dove sono ora. Lavoravo come cassiera in un supermercato, quando ho scoperto di essere incinta di mio figlio Mirko. Dopo la nascita del bambino il mio tempo si è dimezzato e dedicarmi a tempo pieno al lavoro è diventato praticamente impossibile. Mio marito Paolo aveva avviato da anni una calzoleria, un lavoro che amava tanto ma che lo impegnava parecchio.

 

 

Aveva quindici anni quando ha deciso di abbandonare gli studi e di apprendere un mestiere: sua mamma, vista la decisione di non andare più a scuola, lo ha spinto ad andare  in bottega per imparare un lavoro. Lui scelse di provare in una calzoleria e così, da subito, ha sviluppato la passione per il lavoro di calzolaio. Quando ci siamo conosciuti, mi ha raccontato il suo percorso con tanta passione che ho percepito subito la sua devozione per la riparazione, per il suo lavoro. Tutto è iniziato negli anni ‘70, quando è andato in bottega da suo cugino. Qui ha iniziato subito a familiarizzare con gli strumenti fondamentali ed essenziali per fare il calzolaio: la lesina, il martello e la lama.

 

 

Gli anni passano, Paolo prende sempre più confidenza con il suo mestiere, e nel frattempo anche il suo modo di lavorare si adatta alle esigenze della modernità: nuove macchine da cucire sostituiscono le lesine, colle sempre più forti sostituiscono i chiodini. Paolo, però, continua a tenere fede alle vecchie tradizioni, cercando di stare al passo con la modernità e di accontentare i nuovi clienti, non scordando però le vecchie consuetudini. 

 

Nel 1983, Paolo ha deciso di aprire la sua attività: ha scelto di rischiare, di mettersi in gioco nonostante la giovane età. Penso a quanto sia stato determinato e coerente con le sue scelte sin da giovane. In lui rivedo nostro figlio Mirko, che si è appassionato al lavoro di suo padre e ha deciso di frequentare l’accademia a Firenze: in futuro prenderà in mano l’azienda. Anche io, col tempo, ho iniziato a dare una mano in bottega e mi sono ritornati in mente i momenti trascorsi con mia nonna a cucire quei piccoli pezzi di stoffa, che inconsapevolmente stavano segnando il mio destino.

 

 

Oggi, dopo tanti anni di lavoro, l’ambizione di nostro figlio è lo stimolo più significativo che ci spinge a non cedere mai. Certo, non mancano le giornate storte, il nostro è un mestiere soddisfacente ma anche faticoso, soprattutto per quanto riguarda la gestione generale dell’attività. Ma tutti insieme, ognuno mettendo il massimo impegno, riusciamo a portare avanti la bottega con grosse soddisfazioni. 

Osservo Mirko, e mi tornano in mente i primi lavoretti manuali che fiero di sè, mostrava a me e al papà. Vedo anche la gioia nei suoi occhi, nel vedere me e Paolo orgogliosi dell’uomo che sta diventando. Ripongo in lui tantissima fiducia, speranze e ambizione. Sono certa che manterrà vivo il nome dell’azienda, sicura che sarà in grado di evolversi, cogliere le opportunità e farsi valere.

Sono orgogliosa di lui e sono una donna felice.

 

 

Storyteller: Francesca Delogu

Photographer: Chiara Flore

Videomaker: Martina Asara